IL TRIBUNALE Il Tribunale di Lucca, sezione civile, in persona del giudice dott. Carmine Capozzi, sciogliendo la formulata riserva, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 1256/2012 RG, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento, promosso da Ondulati Giusti SpA (opponente), rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Fidolini e Cristiano Calussi del Foro di Firenze e dall'avv. Augusto Senesi del Foro di Lucca, domiciliata per la lite presso lo studio di quest'ultimo in Lucca, Viale Carlo del Prete n. 719, contro G.F.M. Trasporti Srl (opposta), rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Mei del Foro di Lucca, domiciliata per la lite presso lo studio del difensore in Lucca, Viale Luporini n. 807. I. Premessa. Con atto di citazione, tempestivamente notificato, Ondulati Giusti SpA ha opposto il decreto ingiuntivo di pagamento provvisoriamente esecutivo emesso dal Tribunale di Lucca in data 7 marzo 2012, n. 304/2012, con il quale su istanza della G.F.M. Trasporti Srl le e' stato ordinato di pagare, in relazione a trasporti effettuati negli anni 2010 e 2011, la somma di curo 261.906,70, oltre accessori e spese di procedura, a titolo di differenze tra i corrispettivi concordati tra le parti al momento della conclusione verbale dei contratti di trasporto e quanto previsto come dovuto dal comma 7 dell'art. 83-bis del decreto-legge 112/2008. A fondamento dell'opposizione, la Ondulati Giusti SpA ha eccepito, fra l'altro, che la disposizione in base alla quale e' stato ottenuto il decreto ingiuntivo e' contraria agli artt. 96 e 106 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonche' agli artt. 3 e 41 Cost. Ha chiesto, pertanto, in tesi la disapplicazione della norma interna in contrasto con il diritto comunitario e, in ipotesi, la remissione degli atti alla Corte Costituzionale per la declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art. 83-bis decreto-legge 112/2008. Radicatosi il contraddittorio, la G.F.M. Trasporti ha resistito all'opposizione, chiedendone il rigetto. Con le memorie previste dall'art. 183, comma 6 c.p.c. le parti hanno meglio argomentato le loro posizioni e l'opponente ha insistito nelle questioni preliminari sollevate. Il Giudice istruttore si e' riservato sulle istanze delle parti. II. La normativa (interna) di' riferimento. Il combinato disposto dell'art. 83-bis, commi 1, 2, 6 e 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (tutela della sicurezza stradale e della regolarita' del mercato dell'autotrasporto di cose per conto di terzi) , convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008, prevede che qualora il contratto di trasporto di merci su strada non sia stipulato in forma scritta (come nel caso di specie), il corrispettivo dovuto al vettore deve essere quantomeno pari alla somma di due parametri: il primo risultante dal prodotto del costo chilometrico medio del carburante, cosi' come calcolato mensilmente dall'Osservatorio sulle attivita' di trasporto di cui all'art. 9 del d.lgs. 21 novembre 2005, n.286, per il numero dei chilometri percorsi, e il secondo pari alla quota dei costi di esercizio - diversi dal costo del carburante ed inclusi i c.d. costi di sicurezza - di un'impresa di autotrasporto per conto terzi, quota determinata dalla stesso osservatorio due volte l'anno (entro il quindicesimo giorno di giugno e di dicembre). In altre parole il corrispettivo dovuto al vettore non puo' essere inferiore alla sommatoria dei costi di esercizio, sia di quelli generali, sia di quelli per carburante, cosi' come determinati, per classe di appartenenza del veicolo, dal mentovato osservatorio sulle attivita' di trasporto. Le disposizioni in esame introducono, all'evidenza, una targa minima. Le parti sono invece libere di determinare il corrispettivo in eccedenza rispetto alla tariffa minima. Il successivo comma 8 dello stesso articolo prevede che qualora la parte del corrispettivo dovuto al vettore, diversa da quella diretta a coprire i costi di carburante, risulti indicata in un importo inferiore a quello dei costi minimi di esercizio, diversi dai costi di carburante, il vettore puo' chiedere al committente il pagamento della differenza. L'azione, per i contratti conclusi in forma verbale, si prescrive in cinque anni. Lo stesso comma, letto in correlazione con il precedente comma sesto, suppone, sia pure implicitamente, che lo stesso vettore possa agire in giudizio per le differenze rispetto alla quota di corrispettivo corrispondente al costo del carburante. Discutibile (e discusso) essendo in tal ultimo caso soltanto se la prescrizione sia quinquennale (ex comma 7, art. 83-bis) oppure annuale, in base alla regola generale, dell'art. 2951 c.c. Questione, quest'ultima, che comunque non rileva nel presente giudizio, atteso che l'opponente non ha proposto una tempestiva eccezione di prescrizione: l'eccezione (per la parte del corrispettivo diretta a coprire i costi di carburante) e' stata proposta tardivamente con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., laddove l'opponente, avendo veste sostanziale di convenuto, avrebbe dovuto proporre l'eccezione con l'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (il profilo, qui anticipato, ha rilievo ai fini del successivo giudizio di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale proposta dall'opponente). III. La posizione dell'opponente. L'opponente dubita che le disposizioni in esame siano compatibili con il diritto comunitario e con la nostra Costituzione. In relazione al primo profilo, deduce che la norma interna si pone in contrasto con gli artt. 96 e 106 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e chiede a questo tribunale la disapplicazione della norma interna in contrasto con quella comunitaria. Argomenta che «la normativa interna e' contraria alle disposizioni richiamate, ispirate alla realizzazione di un mercato comune mediante la creazione di un sistema di regole comuni a tutti gli Stati membri al fine di favorire l'instaurazione di un regime di concorrenza mediante l'eliminazione dei fattori di differenziazione fra i vari Stati membri, e cioe' di tutte quelle discriminazioni derivanti dall'applicazione da parte dei vettori di prezzi e condizioni diverse a seconda dello Stato di origine o destinazione». Segnala che l'Autorita' Garante della concorrenza e del mercato (italiana) ha rilevato il contrasto con la normativa in materia di concorrenza e ha introdotto ricorso ex art. 21-bis, legge 287/90 al TAR del Lazio per ottenere l'annullamento delle determinazioni amministrative conseguenti all'applicazione delle soprarichiamate norme interne e che la Commissione europea ha chiesto chiarimenti al governo italiano in merito al sistema tariffario delineato dalle disposizioni sopra citate. In relazione al secondo profilo, assume che le disposizioni richiamate sono in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost., determinando una irragionevole restrizione della liberta' d'iniziativa economica, anche sub specie di liberta' di concorrenza. IV. La posizione dell'opposta. La societa' opposta ha replicato che il Tar Lazio, con la recente decisione del 25 ottobre 2012, ha respinto l'istanza cautelare avanzata dall'AGCM e ha contestato la fondatezza degli altri profili sollevati dalla opponente. V. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Il preventivo sindacato di conformita' della normativa interna con quella comunitaria. Ai fini del giudizio di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, e' necessario anzitutto verificare la compatibilita' della norma interna con il diritto comunitario. Soltanto laddove la norma interna fosse conforme al diritto comunitario direttamente applicabile, sorgerebbe il dovere, per questo giudice, di esaminare la questione di legittimita' costituzionale. Qualora, invece, la norma interna non fosse conforme al diritto comunitario, venendo in rilievo, giustappunto, norme comunitarie di diretta applicazione, questo giudice sarebbe tenuto a disapplicare la normativa interna in contrasto con quella comunitaria. Premesso il corretto ordine logico delle questioni da trattare, va escluso, anzitutto, che la normativa interna si ponga in contrasto con la normativa comunitaria invocata dalla societa' opponente e, per completezza d'esame, anche con le norme in tema di liberta' di stabilimento e di liberta' di prestazione dei servizi. Piu' volte la Corte di giustizia dell'Unione europea ha avuto modo di affermare che sono compatibili con le norme comunitarie in materia di liberta' di stabilimento e liberta' di prestazioni dei servizi, di liberta' di concorrenza e di trasporti, provvedimenti legislativi e/o amministrativi, direttamente riferibili allo Stato membro, che per ragioni di interesse generale introducono tariffe minime (e/o anche massime). Non e' questa la sede per fare un esame completo della giurisprudenza comunitaria. Si puo' rinviare, fra l'altro, alla decisioni riguardanti le tariffe minime degli avvocati italiani (cause C-94/04 e C-202/04) oppure riguardanti, quanto all'autotrasporto per conto terzi, il precedente sistema delle c.d. tariffe a forcella (cause C-96/94 e 38/97 - sentenze Centro Servizi Spediporto e Alibrandi). Non puo' ritenersi, quindi, che un sistema quale quello delineato dalla normativa interna sopra richiamata, introdotto nell'interesse generale alla sicurezza della circolazione stradale, si ponga in contrasto con la normativa comunitaria. VI. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Gli altri profili. Escluso, quindi, che la normativa interna si ponga in contrasto con la normativa comunitaria, in punto di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale puo' osservarsi che le parti hanno concordato, al momento della conclusione verbale dei contratti di trasporto per cui e' causa - contratti tutti perfezionati dopo l'entrata in vigore dell'art. 83-bis del decreto-legge n. 112/08, che risulta quindi applicabile nella concreta fattispecie - corrispettivi inferiori alla tariffa minima prevista in forza di detto decreto. Invero, il punto in esame e' incontroverso tra le parti, essendo contestato dall'opponente unicamente l'entita' della somma differenziale pretesa dall'opposta: la differenza - tra la tariffa minima e i corrispettivi liberamente concordati - sarebbe di euro 176.833,69, per l'opponente, e di euro 261.906,70, per l'opposta. Infine, e come gia' in precedenza rilevato, l'eccezione di prescrizione proposta dall'opponente, che avrebbe comunque riguardato soltanto una parte del credito e non tutto il credito, e' inammissibile siccome tardivamente introdotta in giudizio. Pertanto, l'eventuale dichiarazione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 83-bis, commi 1,2,6,7,8, decreto-legge n. 112/2008 nella parte in cui fissa una tariffa minima, determinerebbe, percio' stesso, la validita' dell'accordo concluso dalle parti in punto di corrispettivo del servizio di trasporto e la reiezione della domanda di pagamento proposta in forma monitoria. In altre parole, diverso sarebbe l'esito della decisione del giudice remittente qualora la disposizione contestata fosse giudicata incostituzionale, donde la rilevanza della questione proposta. VII. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Parametri costituzionali di riferimento (art. 3 e 41 Cosi.). VII.1. La questione di legittimita' costituzionale posta dall'opponente non e' manifestamente infondata. L'art. 41, comma 1 Cost. prescrive: "L'iniziativa economica privata e' libera". La liberta' d'iniziativa economica non puo' pero' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alta liberta', alla dignita' umana, cosi' come previsto dall'art. 41, comma 2 Cost. Sono pertanto conformi a Costituzione interventi legislativi diretti ad evitare che la liberta' d'iniziativa economica, che include anche la liberta' di concorrenza, si ponga in contrasto con i principali beni dell'uomo (vita, salute, liberta' personale, dignita'). Nel caso di specie, il legislatore ha espressamente qualificato il suo intervento come diretto a tutelare la sicurezza stradale (v. rubrica dell'art. 83-bis). In particolare, il sistema tariffario descritto dovrebbe essere finalizzato a garantire agli autotrasportatori, quantomeno, il recupero dei costi minimi, come determinati in via amministrativa, inclusi i costi di gestione riferibili alla sicurezza (vale a dire, i costi necessari a mantenere in efficienza i mezzi di autotrasporto - manutenzione ordinaria periodica e straordinaria - e i costi dei turni di riposo degli autisti). L'idea che sorregge l'intervento legislativo e' che se e' garantito, attraverso una tariffa minima, il recupero dei costi di sicurezza, percio' stesso sarebbe garantita la sicurezza stradale (generale, di tutti gli utenti), perche', invero, sarebbe garantita l'efficienza dei mezzi di autotrasporti e la piena capacita' psicofisica degli autisti (non stressati da turni di lavoro effettuati in violazione del codice della strada). E' opinione del remittente che l'intervento legislativo in esame si ponga in contrasto con l'art.41 Cost. sotto un duplice profilo. In primo luogo, l'esercizio dell'attivita' economica di autotrasportatore per conto terzi esercitata nel rispetto delle nonne del codice della strada e delle norme di tutela della sicurezza sul lavoro non e' un'attivita' che si ponga (ex se) in contrasto con l'art. 41 Cost., cosi' come richiesto da questa disposizione, sicche' non si giustifica l'introduzione di un sistema tariffario, che limita la concorrenza e introduce una significativa barriera all'accesso a tale tipologia d'attivita' economica. La sicurezza stradale non e' garantita, infatti, dall'esistenza di un sistema tariffario, ma dal rispetto di altre disposizioni legislative, presenti nel codice della strada e nella normativa sulla sicurezza sul lavoro (in punto, fra l'altro, d'efficienza dei veicoli marcianti e di turni di riposo degli autisti). L'esistenza di tariffe minime non offre nessuna garanzia di rispetto di queste disposizioni. E' il rispetto di queste altre disposizioni, per contro, che garantisce la sicurezza stradale e concorrere a determinare, secondo leggi di mercato, il corrispettivo del servizio di autotrasporti su strada per conto terzi. Un'impresa che non copra i costi di esercizio, cosi' come determinati anche dal rispetto delle norme sulla sicurezza stradale, e' percio' stesso un'impresa che e' fuori mercato, destinata al fallimento. In secondo luogo, e con diversa visuale dello stesso problema, il bilanciamento dei contrapposti interessi (liberta' d'iniziativa economica, da un lato, e sicurezza delle persone dai rischi connessi alla circostanza stradale dei mezzi di autotrasporto per conto terzi, dall'altro lato), effettuato dall'art. 83-bis, decreto-legge n.112/2008, con l'introduzione di tariffe minime, viola il principio di ragionevolezza, poiche' a fronte di una sicura limitazione della liberta d'iniziativa economica e della liberta' di concorrenza, nessuna certezza (o anche solo significativa probabilita') e' data dal fatto che il sistema tariffario minimo garantisca la sicurezza stradale, poiche', come sopra rilevato, questa e' garantita unicamente dal rispetto di altre disposizioni, contenute nel codice della strada e nel testo unico sulla sicurezza del lavoro, il cui rispetto e' assicurato da appositi apparati dello Stato. VII.2. La questione di legittimita' costituzionale non e' manifestamente infondata anche sotto un diverso profilo, afferente alla violazione del principio d'uguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., sub specie di discriminazione a rovescio derivante dall'applicazione del diritto comunitario. La normativa interna non si applica ai trasporti internazionali e ai trasporti c.d. di cabotaggio, che sono disciplinati dal Regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo. Tale regolamento consente che, in occasione di trasporti internazionali, il trasportatore di merci su strada per conto terzi (che sia titolare di licenza comunitaria, come deve essere per poter effettuare simili trasporti), possa effettuare trasporti di cabotaggio (art. 8 Reg. CE), i quali, altro non sono, che trasporti nazionali eseguiti in occasione di un trasporto internazionale. Una volta consegnate le merci trasportate nel corso di un trasporto internazionale in entrata, i trasportatori di merci su strada sono autorizzati ad effettuare, con lo stesso veicolo, fino a tre trasporti di cabotaggio successivi al trasporto internazionale. L'ultimo scarico nel corso di trasporto di cabotaggio prima di lasciare lo Stato membro ospitante deve avere luogo entro sette giorni dall'ultimo scarico nello Stato membro ospitante nel corso del trasporto internazionale in entrata (art. 8.2.). E' evidente che la non applicazione della normativa interna sui minimi tariffari ai trasporti di cabotaggio (che sono trasporti nazionali effettuati in occasione in un trasporto internazionale) determina una discriminazione a rovescio degli autotrasportatori stabiliti in Italia, in relazione ai trasporti nazionali, che sono tenuti a rispettare un prezzo minimo che non si applica, invece, ai trasporti eseguiti in regime di cabotaggio. E' vero che il regolamento comunitario introduce delle limitazioni ai trasporti nazionali in regime di cabotaggio (massimo tre trasporti in sette giorni), ma e' altrettanto vero che tali limiti sono poco significativi e contenitivi dal punto di vista quantitativo. E' possibile, ad esempio, che effettuato un trasporto internazionale in entrata il giorno 20 febbraio 2013, l'autotrasportatore comunitario effettui nei successivi sette giorni tre trasporti nazionali, l'ultimo dei quali magari in prossimita' del confine nazionale, per poi effettuare di nuovo un trasporto internazionale il 1° marzo 2013, e tre trasporti nazionali nei successivi sette giorni, e cosi' via di seguito. In altre parole, se si considera che possibilita' quali quelle mostrate con l'esempio teste' fatto vanno moltiplicate per il numero dei trasportatori internazionali e il numero dei mezzi di trasporto da ciascuno posseduti, risulta evidente che una quota rilevante (in ipotesi molto rilevante per alcune regioni italiane) dei trasporti nazionali puo' essere eseguita in regime di cabotaggio, che e' sottratto all'applicazione dell'art. 83-bis, decreto-legge 112/2008, con conseguenti rischi per gli stessi autotrasportatori stabiliti in Italia che sono costretti a subire una concorrenza alla quale, vincolati dai minimi tariffari, non potrebbero resistere. Tale preoccupazione e' talmente fondata che lo stesso governo italiano si e' avvalso della facolta' prevista dalle norme comunitarie di vietare (per due anni, sino al 31 dicembre 2011), i trasporti in regime di cabotaggio per i vettori stabiliti in Bulgaria e Romania, Stati entrati in UE nel 2009. Un problema similare si verifichera' con il prossimo ingresso nell'UE (1° luglio 2013) della Croazia e dei vettori croati. La normativa italiana in esame, con la previsione di un sistema tariffario minimo, che si applica ai trasporti nazionali ma non a quelli nazionali in regime di cabotaggio, introduce, quindi, una seria discriminazione a rovescio, che viola il principio di uguaglianza.